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Trento - Il miracolo degli Alpini

a Trento

Adunata Nazionale degli Alpini a Trento


Alpini a Trento

Musica, balli, goliardia, brindisi: tanti calici alzati, tanti, dignitosamente brilli, ma nessuna esagerazione, gestite abbracciando la tazza del wc e non prendendo a pugni le cose altrui, da una vetrina a una moto parcheggiata a una faccia. E poi le code, non in tangenziale o in Valsugana o al Bus de Vela, ma alle fermate dei tram e alle stazioni ferroviarie (al netto dei vili attentati), perché le persone hanno finalmente iniziato a usare i mezzi pubblici. E ancora strade piene di persone che si muovono a piedi o in bicicletta e che, udite udite, sono disposte a lasciare la macchina a più di 100 metri dal posto dove devono andare. Poi i parchi, dove si spacciano solamente sorrisi, birre, panini e pacche sulle spalle. Da un certo punto di vista pare incredibile: tutto quello che solitamente faceva notizia in un senso, ora lo fa in quello opposto. Le penne nere che stanno invadendo 
 

la città sono riuscite in un miracolo di tolleranza. Eravamo abituati alle telefonate ai vigili alle 22: «Guardi ci sono qui sotto casa dei ragazzi che cantano, è inconcepibile, noi dobbiamo dormire», e invece niente. Eravamo abituati al comunicato stampa con tanto di foto di qualche poveraccio che bivaccava in qualche angolo della città con la richiesta di dimissioni per il sindaco Andreatta, «colpevole del degrado di una città ormai in mano a gente che dorme per strada e fa la pipì sugli alberi», e invece niente. Eravamo abituati a cose del tipo «a Trento i bar chiudono alle 23 e non c'è nulla da fare» o ai moralisti del «non c'è bisogno di birre per divertirsi» o alla pigrizia del «mi tocca parcheggiare addirittura in via Grazioli per andare in largo Carducci» o alla mail del lettore con la foto di qualche lattina e bicchiere e il monito «ecco il rispetto, 
 
 

 

Trento - La banda degli Alpini

 

chissà dove andremo a finire». E invece nulla di tutto questo.Trento si è scoperta tollerante. Trento non ha battuto ciglio all'arrivo dell'altro e anzi è andata a tendere la mano e a presentarsi. Trento si è fatta una risata vedendo strani personaggi agghindati in maniera goliardica e folkloristica. E quindi viene da chiedersi se la città, dopo questi tre giorni, sarà tollerante con i tutti i giovani che vogliono divertirsi, se saprà accogliere l'altro, di qualunque colore sia, se applaudirà chi, tra un mese, sfilerà chiedendo dei diritti, magari agghindato in maniera folkloristica. Lo spirito alpino, di amicizia e fratellanza, ha cambiato il volto alla città: si è visto ieri notte, quando tutto andava bene, dalla morra urlata alle birre di troppo, dalla musica alta ai 

 

Trento - Bevute ininterrotte

 

cori da stadio. Ora resta da capire se solo a chi ha un cappello con piuma nera in testa è tutto permesso, o se lo stesso atteggiamento vale anche per chi indosserà un boa piumato. Anche oggi e domani in città varrà più o meno tutto, compreso bere nei parchi pubblici, dopo lunghe campagne di sensibilizzazione e prevenzione: per gli Alpini tutti, cittadini e politici, hanno saputo chiudere un occhio. Chissà se sarà così anche in futuro. Quanto sono lontani gli anarchici dalle tende degli Alpini. Quanta distanza c’è tra gli attentati e il popolo delle penne nere. Provi a chiedere a «veci» e «bocia» cosa pensano degli episodi che hanno funestato l’avvio dell’Adunata. Alla domanda, c’è chi alza gli occhi al cielo e chi ammette: «Ci odiano. Uno di loro me l’ha detto. Gli ho risposto: io di odiarti non sono mica capace, neh».
 

 

Trento: L'alpino arrivato dal Friuli col mulo


 

Ma com’è la città di Trento nel pieno dell’Adunata degli Alpini? Vivace. Disordinata. Rumorosa. Alcolica. Massì, anche sboccata. È venerdì notte ed è questo il momento di maggiore affluenza da quando è iniziata l’adunata. Sono arrivati in tanti, raggiungendo coloro che erano stati mandati in avanscoperta, a trovare una piazzola o a montare la tende. Le «tenebre», poi, favoriscono l’uscita anche dei più timidi, tenuto conto comunque che nel nostro lungo giro per le strade del centro non abbiano trovato un solo Alpino timido. E nemmeno un Alpino astemio, ma questo forse non è nemmeno degno di nota sul taccuino.

 

Trento: Sfilata degli Alpini

 

Di notte ci si lascia andare con il vino, con i canti e pure con la musica, anche se in questo caso ci sarebbe bisogno di una messa a punto: bene, infatti, il classico repertorio, ma tra «La montanara», «Sul cappello» e «Vinassa vinassa» sbuca anche la musica dance, in piazza Duomo e nelle vie che portano in piazza Fiera. Rumori strani, che fanno arricciare il naso ai più vecchi»: «Non siamo mica in spiaggia a Jesolo». Ci sono accampamenti nei luoghi più strani, in centro. In piazza Venezia, in largo Pigarelli, nei parcheggi degli istituti. Persino sui marciapiedi. La linea generale è stata quella di «lasciar fare», con la promessa che da lunedì mattina, alla riapertura delle scuole, la città tornerà alle regole consuete del vivere civile. Facile ascoltare le voci del popolo dell’Adunata. Interessante raccogliere le loro storie. Piacevole venire a sapere che quasi tutti hanno da raccontare un «percorso» di vita sorprendente.

 

 


 

Trento : Alpini coro sotto la tenda

 

Prendiamo, ad esempio i ragazzi che si sono sistemati in largo Pigarelli, a pochi metri dal Tribunale. Arrivano da Schio, Fara Vicentino e Castelnuovo di Isola Vicentina e hanno issato il loro striscione con la sigla: «Fffdqb». Ti chiedono di provare a indovinare quale possa essere il significato. Impresa impossibile, e allora ti aiutano: «Femo fin fastidio da quanto bevemo». Che sarebbe anche: «Facciamo fin fastidio da quanto beviamo». Bere, si beve. Ma si mangia pure, se è vero che il menu della cena prevede pasta al capriolo, tordi allo spiedo e polenta «onta». Ma questi ragazzi (il più vecchio è del 1970, il più giovane del 1983) ti raccontano un paio di motivi di orgoglio, come spiega Paolo Smiderle: «Ogni mattina utilizziamo l’alzabandiera che gli americani hanno lasciato agli scout di Schio subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale e che abbiamo conservato con cura». Domani, inoltre, il gruppo porterà per tutto il percorso della sfilata un pannello, con un telaio di alluminio, che ricorda le battaglie di Russia: «Quando passiamo la gente ci applaude e si emoziona». A pochi metri di distanza c’è il campo base degli Alpini di Castelcucco , in provincia di Treviso, che sono arrivati giovedì e non se ne andranno prima di lunedì mattina: «A noi piace stare così vicino al centro perché vogliamo fare festa con la città - spiega Gianagusto Alessi - E poi ammettiamolo: se bevi un bicchiere in più non hai il problema di metterti in strada: ti butti in branda e dormi». Certo che anche in questo caso il livello della sistemazione generale è almeno pari a quella di un ostello: «Abbiamo la doccia e il bagno. E qui potete trovare tutti i viveri necessari: siamo autosufficienti».

 

 



Davanti alla sede staccata del liceo classico «Giovanni Prati», proprio all’ingresso della porta che i genitori varcano tremanti e con gli occhi al cielo prima di andare alle udienze con i professori, c’è il gruppo di Conegliano. Lino Chies , 76 anni, geometra in pensione, è alla 53esima adunata consecutiva. È giunto in città giovedì, con gli amici ha messo in piedi l’osteria (informale) «La vecchia», che viene «aperta» da trent’anni nei giorni dedicati agli Alpini, e ricorda con entusiasmo la precedente Adunata di Trento, quella del 1987. Si commuove ancora oggi quando ricorda i mesi del servizio militare, che ha svolto a Belluno e in Alto Adige: «Erano gli anni in cui facevano saltare i tralicci: momenti di grande angoscia, nei quali non sapevi chi era il nemico e come ti voleva colpire». Lino Chies non dimenticherà mai la notte in cui il tenente svegliò la camerata per avvisare che «era scoppiata la diga del Vajont». L’alpino ricorda: «La nostra prima reazione fu questa: “Ma la diga non può scoppiare”. Poi per giorni lavorammo in condizioni tragiche. Non lo dimenticheremo mai, la naja è stata una fase molto dura della nostra vita». Ma Chies un attimo dopo si scrolla di dosso la tristezza: «L’Adunata è una grande occasione per ritrovare gli amici di un tempo. C’è sempre qualcuno che ti ascolta e con il quale puoi parlare. Si può discutere anche di politica, ma di quella amministrativa, non dei partiti». In centro non si sono risparmiati nell’assegnazione delle licenze per bar e negozi temporanei. In piazza d’Arogno , a pochi passi dal Duomo, vanno fortissime salsicce e costine, ma anche il tendone che vende i gadget dell’Adunata fa buoni affari: la felpa della Brigata alpina tridentina costa 35 euro, la maglietta 15, il cappello 25
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Trento: I muli degli Alpini

 

In piazza delle Erbe in tanti si fermano ad ammirare la super mortadella (sette quintali in quattro metri di insaccato), ma vengono venduti pure la porchetta di Perugia, la finocchiona e la focaccia romagnola, con al banco Silvano Bartolini , arrivato da Riccione per la sua quinta adunata. In piazza Vittoria il salumificio Belli ha confermato l’apertura il venerdì pomeriggio e gli affari sono andati bene, come spiega Gilberto Belli : «Abbiamo deciso di sfruttare l’occasione per far conoscere i nostri prodotti alle tante persone arrivate da fuori. Domenica, giorno dell’Adunata, saremo chiusi, anche perché avremmo avuto difficoltà a portare i rifornimenti, vista la chiusura del traffico». All’Adunata c’è chi si diverte ma sono tanti i volontari al lavoro. Tutti efficienti e organizzati, come il gruppo di Arco, impegnato in turni di otto ore nella gestione delle palestre del «Pozzo». Silvino Miorelli, Giuseppe Mezzanotte, Aldo Vittoni e Fausto Miorelli sono impegnati nella gestione degli arrivi degli ospiti: «L’organizzazione c’è, tutto è stato preparato al meglio - dicono - Ma se si presentano problemi improvvisi noi siamo qui per risolverli».

 

 



Usciamo dal «cuore» della città per un’incursione nei giardini di piazza Venezia. Troviamo davvero di tutto, tra auto, furgoni, tendoni, televisori sintonizzati sul Giro d’Italia, bagni e lavandini. Qui però si spera più che negli altri luoghi che il maltempo dia una tregua ai bravi alpini, perché il fango inizia a diventare fastidioso. Un bell’accampamento è stato issato anche in viale dei Tigli , nel quartiere di San Bartolomeo. C’è il solito «contorno» di vicentini, tanto che viene da chiedersi se qualche maschio adulto sia rimasto all’ombra dei Colli Berici. Ma in quest’angolo di Trento c’è soprattutto l’accampamento di Arquata sul Tronto, il borgo in provincia di Ascoli Piceno che accusò danni gravissimi nel terremoto del 24 agosto 2016. Filippo Filipponi , segretario del gruppo Alpini del paese, offre la sua testimonianza: «Tutte le 13 zone di Arquata sono rappresentate qui all’Adunata di Trento. Per noi incontrare gli Alpini significa ristabilire rapporti di grande amicizia e solidarietà: in tanti ci hanno aiutato». Non a caso il tendone di Arquata sul Tronto confina con quello di Montegalda,

 

 

comune della provincia di Vicenza che pochi giorni dopo il terremoto ha messo a disposizione dei «cugini» le stesse strutture utilizzate in questi giorni di Adunata: un capannone, una cucina e un bagno. Un aiuto concreto che non verrà mai dimenticato. Oggi qui si farà festa anche per Felice Manzinello, cent’anni, che vive a Trento ed è stato prigioniero di guerra in Himalaya. Nel tardo pomeriggio Trento vive un momento «ufficiale» con il corteo (veloce ma sentito anticipo della grande sfilata di domani), poi il clima torna ad essere molto informale. È notte, la prima giornata «piena» dell’Adunata sta per andare nella fase della memoria, anche se alcuni irriducibili si aggirano per le strade di Trento. Con il buio sembra ancora più insopportabile (da parte loro) rifiutare un bicchiere di vino: «Davvero sei astemio? Vieni qui. Ho il numero di qualcuno bravo che ti può guarire e diventare uno di noi».

 

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